Il
rilevamento, la topografia e la geodesia
(tratto
da Lucio Russo, "La rivoluzione dimenticata")
Erodoto attribuisce agli Egizi l'introduzione
della geometria (cioè della misurazione della terra),
individuandone l'origine nell'esigenza di misurare, a fini
fiscali, le variazioni nell'estensione delle proprietà
dovute all'erosione del Nilo. Questa applicazione antichissima
della "matematica" deve aver generato, all'inizio
dell'epoca ellenistica, il rilevamento e la topografia scientifiche.
Ad es. la realizzazione delle strutture urbane di molte città
ellenistiche, basate, come nel caso di Alessandria, su un
piano regolatore dettagliato, deve aver stimolato lo sviluppo
di un metodo efficiente di triangolazione.
Dalla topografia si passò alla cartografia e alla geografia
matematica, e alcuni strumenti (sia tecnici che teorici) adatti al rilevamento topografico furono utilizzati anche per le
osservazioni astronomiche.
I metodi usati da Aristarco di Samo, nella prima metà
del III secolo a.C., per calcolare le distanze del Sole e
della Luna appaiono chiaramente estensioni su scala astronomica
dei metodi di triangolazione topografica.
Gli strumenti per il rilevamento di cui parla Vitruvio sono
di origine greca, come mostra anche il loro nome, ma non sono
documentati nella Grecia classica. Il perfezionamento di tali
strumenti, che giungeranno al livello raffinato della "diottra"
descritta da Erone (sorta di teodolite, di cui riparleremo),
fu basato sull'uso combinato della meccanica di precisione,
dell'ottica e dell'idrostatica, sviluppate in periodo ellenistico.
La misura di Eratostene del meridiano terrestre
Ecco come i nostri libri di Geografia descrivono questa misura:
Eratostene sapeva che a Siene (l'odierna Assuan, in Egitto)
il Sole illuminava un giorno all'anno il fondo dei pozzi.
Siene sorgeva infatti sul tropico del Cancro, dove il Sole
passa allo zenit a mezzodì del solstizio estivo. Vivendo
ad Alessandria d'Egitto, che si trova circa sullo stesso meridiano
di Siene, al solstizio d'estate Eratostene misurò col
filo a piombo l'altezza del Sole sull'orizzonte a mezzodì,
valutandola in 82°48'. La differenza di latitudine tra
Alessandria e Siene risultava quindi di 7°12', cioè
la cinquantesima parte di un angolo di 360°. Eratostene
doveva determinare, a questo punto, la distanza fra le due
città. Egli interrogò allora molti cammellieri
che avevano effettuato il percorso in carovana, e riuscì
a stabilire che Alessandria e Siene distavano circa 5.000
stadi (circa 800 km, visto che uno stadio, l'unità
di misura in uso a quei tempi, era pari a 150 - 160 m). Moltiplicando
per 50 tale distanza, Eratostene calcolò in 250.000
stadi la circonferenza della Terra, misura che corrisponde
con sorprendente precisione al valore reale di 40.000 km.
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Ora, dire che Eratostene aveva chiesto ai cammellieri la distanza
tra Alessandria e Assuan e` come dire che Cristoforo Colombo
chiese ai pescatori baschi quant'era lontana l'America.
Anche
in mancanza dell'opera originale di Eratostene, si può
per rispetto all'autore tentare di ricostruire il metodo effettivamente
usato. Inoltre una misura scientifica si valuta 'discutendone' la
precisione, e non mostrando sorpresa per una precisione 'casualmente'
buona.
Riportiamo quindi dalla "Rivoluzione Dimenticata",
di Lucio Russo, la descrizione e la discussione della
misura di Eratostene. Da notare che nel testo di L. Russo,
ogni singola affermazione o dato sono suffragati, com'e` abitudine
dell'autore, da un preciso riferimento.
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Il maggior risultato della matematica applicata ellenistica
nel campo della geodesia fu la misura del meridiano terrestre
a opera di Eratostene. Per la prima volta, grazie alla scienza,
l'umanità seppe le dimensioni del proprio mondo e le
seppe con accuratezza e certezza. Le valutazioni precedenti
(riportate da Aristotele senza accennare al metodo usato)
erano appunto "valutazioni" e non "misure".
L'ammirazione per il risultato fu così generale che
tre secoli dopo Plinio ne avvertiva ancora l'eco.
Tale
misura fu descritta da Eratostene nella sua opera Sulla
misurazione della Terra, che non ci è giunta; e`
invece nota la descrizione datane da Cleomede nell'opera Caelestia.
Si sapeva che Siene (l'odierna Assuan) era quasi sul tropico:
il Sole vi era infatti circa allo zenit a mezzogiorno del
solstizio d'estate. L'angolo (misurato con una meridiana)
che nello stesso momento i raggi del sole formavano con la
verticale di Alessandria poteva quindi fornire l'angolo tra
le verticali delle due città. Conoscendo anche la distanza
tra Alessandria e Siene se ne poteva dedurre la distanza corrispondente
a un grado di cerchio massimo. La difficoltà di sapere
ad Alessandria il momento in cui era mezzogiorno a Siene era
superata dall'assunzione che Siene fosse esattamente a sud
di Alessandria e che quindi nelle due città il mezzogiorno
fosse contemporaneo.
Il metodo esposto puo` sembrare banale, mentre in realtà
esso è del tutto inaccessibile alle civiltà
non scientifiche; non a caso nessuna altra civiltà
era stata in grado di fare altrettanto, e in tutta l'antichità
nessuno scrittore latino è mai riuscito a riferire
in modo ragionevole il procedimento di Eratostene.
Precisione
delle misure di Eratostene
Eratostene, con il metodo che abbiamo menzionato, ottenne
per la lunghezza del meridiano il valore di 252.000 stadi.
Non è facile valutare la precisione di tale misura
poiché il valore dello "stadio" usato è
stato oggetto di lunghe controversie. Usando il valore di
circa 185 m si ottiene un errore di quasi il 17%, mentre se,
con la maggioranza degli studiosi, si accetta il valore di
157,5 m si ottiene un errore di circa 0,8 %.
Un errore così piccolo è stato considerato
sempre con molto sospetto, soprattutto perché le assunzioni
che a) Siene e Alessandria siano sullo stesso meridiano e
b) che Siene sia sul tropico sono entrambe una grossolana
approssimazione.
Inoltre, mentre le misure moderne furono basate su triangolazioni
precise, effettuate su distanze dell'ordine del centinaio
di chilometri, si assume in genere che la distanza tra Siene
e Alessandria fosse stata valutata contando le "giornate
di viaggio". La conclusione generalmente accettata è
che l'ottimo risultato di Eratostene sia il frutto di una
casuale compensazione di errori.
La prima misura moderna fu tentata nel 1606 da W. Snell, con
una triangolazione nella pianura olandese. Dopo altri tentativi
basati su distanze insufficienti, finalmente nel 1669 l'Accademia
di Francia organizzò la misura di una distanza di circa
112 km, che fornì il primo valore attendibile del grado
di meridiano, che, tradotto in metri, fu di 111 km e 715 m
(con un errore, quindi, dello 0,54 %).
Per dirimere i dubbi sulla precisione della misura del grado
di meridiano di Eratostene, si può paragonare questa
misura a qualche altra misura dello stesso autore, che aveva
tra l'altro realizzato una carta geografica di tutto il mondo
conosciuto.
Uno dei dati riportati da Strabone è la distanza tra
Alessandria e Rodi, che Eratostene avrebbe determinato in
3.750 stadi. Anche questo valore viene in genere considerato
una rozza stima.
Assumendo come ipotesi che il grado di meridiano misuri 700
stadi (usando, in altre parole, questo dato come definizione
dello stadio) possiamo calcolare la distanza in stadi tra
Alessandria e Rodi e confrontare il risultato con quello di
Eratostene.
Con calcoli elementari, usando i dati forniti dalle carte
moderne, si ottiene per la distanza tra Alessandria e Rodi
un valore di circa 3.770 stadi. La differenza tra il valore
così ottenuto e quello di Eratostene corrisponde a
un errore di circa 0,5%. Non possiamo dire che questo sia
stato effettivamente l'errore di Eratostene, perché
è dell'ordine dell'incertezza con cui si scelgono i
punti di riferimento nei due porti.
Osserviamo che assumendo (come si assumeva in età imperiale)
che Alessandria e Rodi fossero sullo stesso meridiano e basandosi
quindi solo sulla differenza di latitudine, pari a 5° 13',
si sarebbe ottenuto per la distanza il valore di (5 x 700
+ 13 x 700/60) ~ 3652 stadi, con un errore superiore al 3%,
mentre l'errore di Eratostene sembra inferiore di quasi un
ordine di grandezza. Quindi Eratostene deve aver tenuto conto
anche della differenza di longitudine.
Cleomede nel I sec. a.C. racconta il metodo usato da Eratostene
per la misura dell'arco di meridiano in modo semplificato,
considerando un caso ideale ed eliminando tutte le difficoltà
tecniche. Non si capirebbe sennò come avrebbe potuto
condensare in tre paginette i due libri dell'opera di Eratostene.
Cleomede riferisce che a mezzogiorno del solstizio d'estate
le meridiane non davano ombra entro una fascia della larghezza
di 300 stadi attorno al tropico. Dobbiamo dedurne che le misure
con meridiane solari erano state molte, in una vasta zona,
e il tropico era stato determinato come la linea mediana della
fascia "senza ombra".
Siene (Assuan) dista dal tropico più di 400 stadi,
ma volendo indicare un nome di città, non si sarebbe
potuto nominare che Siene, che era la città dell'Egitto
più vicina al tropico, e la base naturale di ogni spedizione
verso Sud. Siene (che è considerata sul tropico anche
da Strabone, Plinio e Arriano) è infatti presso la
prima cataratta, che segnava il confine, lungo il Nilo, tra
l'Egitto e l'Etiopia, nella quale occorreva inoltrarsi per
raggiungere il tropico.
Secondo un'opinione molto diffusa, gli scienziati ellenistici
ignoravano il procedimento di media aritmetica di misure ripetute.
Manca però l'opera teorica di Eratostene che potrebbe
forse fornire qualche informazione su questo argomento: il
trattato Sulle medie.
Se il tropico fu individuato come la linea mediana di una
zona ampia 300 stadi, è plausibile che potesse essere
determinato con una precisione dell'ordine di alcune decine
di stadi, cioè di alcuni primi.
Quanto alla notizia del pozzo di Siene, il cui fondo era illuminato
dal sole a mezzogiorno del solstizio d'estate, Plinio in realtà
dice che il pozzo era stato scavato a scopo dimostrativo.
Strabone (64 a.C.-21 d.C.) afferma pure che la misura di Eratostene della distanza
Alessandria-Rodi era basata su misure effettuate con meridiane
solari.
Un ricordo del grande lavoro occorrente per il rilevamento
topografico è rimasto in letteratura. Marziano Capella
(V sec.) scrive infatti che le misure di distanza sulle quali
era basata la misura delle dimensioni della Terra erano state
fornite a Eratostene dai "mensores regi" e alcune
informazioni sulla carta dell'Egitto realizzata da Eratostene
sono riferite da Strabone. In epoca tolemaica, come in epoche
precedenti, le misure del territorio erano affidate a un corpo
di funzionari e controllori regi, in ogni singolo villaggio.
In definitiva non sembra che si possa scartare l'ipotesi che
la misura di Eratostene del grado di meridiano avesse realmente
un errore inferiore all'1%, cioè dello stesso ordine
di grandezza di quello della misura effettuata nel 1669 (*).
È stato osservato che la misura del meridiano ottenuta
da Eratostene, 252.000 stadi, e` assai pratica; 2520 e` divisibile
per tutti i numeri naturali da 1 a 10, e quindi molti calcoli
vengono semplificati.
Si tratta naturalmente di una proprietà molto utile
ed è improbabile che sia frutto del caso.
Una possibilità è che Eratostene avesse introdotto
il nuovo "stadio" proprio come un conveniente sottomultiplo
del meridiano, anticipando il procedimento usato in epoca
moderna per definire il metro come quaranta-milionesima parte
del meridiano terrestre; in un caso analogo Eratostene aveva
scelto una nuova e conveniente unità di misura, quando aveva introdotto il sistema di cronologia annuale basato sulle
Olimpiadi.
La misura del meridiano terrestre, necessaria per la realizzazione
di carte geografiche, e soprattutto nautiche, era stata probabilmente
un'impresa scientifica finanziata dallo stato con una larghezza
simile a quella usata per altre opere utili alla navigazione,
come il Faro di Alessandria e il Canale tra il Mar Rosso e
il Mediterraneo. La direzione generale del lavoro e il merito
di averlo portato a termine erano stati forse attribuiti a
Eratostene in quanto bibliotecario di Alessandria, cioè
massimo responsabile della politica scientifica statale.
Gli scrittori di epoche successive, in cui si era perso anche
il ricordo della possibilità di progetti scientifici
finanziati dallo stato, hanno trasmesso il ricordo di una
"geniale" idea isolata di Eratostene. Lo stesso
è avvenuto d'altronde per l'idrostatica di Archimede
e altre scoperte scientifiche antiche.
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(*) La misura della Terra del 1669 era basata su tre elementi:
- la geografia matematica,
- metodi di triangolazione topografica e
- strumenti per il rilevamento quali i teodoliti.
Risalgono al primo ellenismo certamente i primi due elementi
e con ogni probabilità anche il terzo. I moderni teodoliti
furono costruiti per la prima volta nel XVI secolo seguendo
le indicazioni date da Erone per la costruzione della diottra
(che da allora è considerata lo "antenato"
del teodolite).
Per effettuare una misura accurata di grandi distanze occorre
però anche una elevata capacità di organizzazione
del lavoro, che spesso consideriamo una prerogativa della
civiltà moderna. Ricordiamo che nel 1669 si era ben
lontani dal poter scavare un canale dal Mediterraneo al Mar
Rosso; per questo sarebbero occorsi ancora due secoli e una
capacità organizzativa ben maggiore di quella che poteva
assicurare l'Accademia di Francia nel XVII secolo. I Tolomei
avevano potuto eseguirlo qualche decennio prima della misura
di Eratostene.
La
geografia matematica e la cartografia
La misura del diametro della Terra non fu un risultato isolato.
Essa era un passaggio essenziale verso la realizzazione di
un ambizioso progetto scientifico: la descrizione quantitativa
di tutto il mondo conosciuto. Si trattava di una esigenza
particolarmente sentita a causa dell'improvviso estendersi
del mondo greco seguito alle conquiste di Alessandro.
Già un allievo di Aristotele, Dicearco, verso il 300
a.C., aveva fatto il primo passo verso la costruzione della
geografia matematica individuando un "parallelo",
elencando cioè una successione di località poste
tutte alla stessa latitudine, da Gibilterra alla Persia.
Eratostene, sulla base del lavoro di Dicearco, della propria
misura del meridiano e della raccolta sistematica di altre
informazioni, disegnò la
prima carta scientifica del mondo conosciuto, che si estendeva
da Gibilterra all'India, e dalla Somalia al circolo polare
artico, usando meridiani e paralleli equispaziati; nei tre
libri, perduti, della Geografia espresse anche l'ipotesi
dell'esistenza, agli antipodi, di un continente abitato.
Nel II secolo a.C. la geografia matematica progredì
anche a opera di Ipparco di Nicea, che in particolare aveva
insistito sulla necessità di determinare le differenze
di longitudine con metodi astronomici, misurando la differenza
tra i tempi locali della stessa eclissi lunare.
In epoca imperiale, nel II secolo d.C., si occuparono di nuovo
di geografia, in stretta connessione con l'astronomia e la
geometria sferica, Marino di Tiro e Tolomeo,
la cui principale opera sull'argomento, la Geografia, ci è
rimasta (anche se in un rifacimento bizantino incompleto).
La differenza tra la geografia matematica ellenistica e le
opere "geografiche" della Grecia classica, come
pure quelle di Roma e del Medio Evo (che sono essenzialmente
resoconti di viaggi) illustra bene la differenza tra civiltà
scientifiche e prescientifiche.
La geografia matematica di Tolomeo è altrettanto scientifica
di quella moderna. Si tratta di una tipica "teoria scientifica",
in cui a ogni luogo della Terra corrisponde, nel modello,
un punto di una superficie sferica individuato da una coppia
di coordinate sferiche: latitudine e longitudine.
Si possono così risolvere vari problemi, per esempio
calcolare la durata del giorno in funzione della data e della
latitudine, e spiegare il clima locale in base alla variazione
di irraggiamento solare. Tolomeo conosce anche la cartografia,
sa usare cioè varie proiezioni, tra le quali proiezioni
coniche modificate, di cui usa le proprietà matematiche
per rappresentare la Terra su carte piane in modo da conservare
l'informazione della rappresentazione sferica.
La geografia matematica "moderna" non è altro
che quella di Tolomeo, recuperata dagli studiosi rinascimentali.
È possibile ricostruire le carte di Tolomeo in base
alle latitudini e longitudini da lui annotate nella Geografia
per circa 8.000 località, dall'Irlanda al Sud-Est Asiatico.
Stranamente, mentre Eratostene aveva determinato con buona
approssimazione in 700 stadi la lunghezza di un grado di meridiano
e la stessa misura era stata accettata un secolo dopo da Ipparco,
Marino e Tolomeo nel II sec. d.C. usarono il valore di 500
stadi.
Un errore così grossolano non può derivare da
una nuova misura indipendente, ma solo da una errata interpretazione
dei dati antichi. Sia Marino che Tolomeo cercano di usare
i risultati di un periodo da cui li separavano secoli attraverso
i quali non vi era stata continuità du studi.
Gli studi ad Alessandria erano stati tragicamente interrotti
dalle persecuzioni dì Evergete II nel 145 a.C.
Fu conservata la Biblioteca, che costituì il principale
elemento di continuità tra il periodo attivo e la ripresa
avvenuta in età imperiale. Dopo la persecuzione la
penuria di intellettuali fu però tale che a capo della
Biblioteca fu posto un certo Cida, un ufficiale dei lancieri,
come sappiamo da un papiro.
Si capisce facilmente come questa situazione avesse creato
in epoca imperiale quella dipendenza passiva dai testi scritti
che sarà ancora più grave in seguito, e che
a volte viene retrodatata al periodo aureo della scienza alessandrina,
confondendo due climi culturali profondamente diversi.
Ci si può chiedere come mai Marino di Tiro e Tolomeo,
pur conoscendo il metodo usato da Eratostene, non avessero
ripetuto la misura del meridiano, invece di accontentrsi di
reinterpretare (sbagliando) gli antichi dati. Da quanto detto
sinora la risposta e` chiara: evidentemente perché,
potendo ancora leggere l'opera di Eratostene, essi sapevano
che egli si era basato su un complesso lavoro di rilievo topografico
non più realizzabile nelle mutate condizioni politiche.
Fu
l'errore di Tolomeo a portare Colombo, le cui conoscenze geografiche
erano basate sulla Geografia, a sottovalutare notevolmente
le dimensioni della Terra.
L'errore (che riguardava le dimensioni della Terra e non l'estensione
dei continenti noti, che era riportata con approssimazione
ragionevole da Tolomeo) influenzò due volte i conti
di Colombo. Egli, sopravvalutando l'estensione in longitudine
dell'Eurasia, sottovalutò i gradi di longitudine che
separavano, verso ovest, la penisola iberica dall'Asia; inoltre
sottovalutò la distanza lineare corrispondente a questa
differenza di longitudine così determinata. Il risultato
fu quello di stimare la distanza da percorrere a circa la
metà di quella reale.
Tecniche
di navigazione
La civiltà ellenistica fu, ancor più di quella
greca classica, la civiltà di un gruppo di città
portuali in comunicazione tra loro via mare. Essenziali quindi,
per l'economia dell'epoca, erano le tecniche di navigazione.
Tali tecniche avevano qualche relazione con la scienza?
Per navigare in mare aperto, più della conoscenza
approssimata dei punti cardinali ottenibile nel caso di cielo
coperto con una bussola, è essenziale avere:
- Un sistema di coordinate, cioè una teoria scientifica
della geografia.
- Delle carte nautiche attendibili.
- Un sistema per "fare il punto", cioè per
determinare la posizione della nave rispetto al sistema di
coordinate.
Con questi strumenti teorici si possono correggere gli errori
di rotta dovuti all'impossibilità di riconoscere i
punti cardinali nelle notti senza stelle. Se invece si usa
una bussola senza saper determinare la posizione della nave,
gli inevitabili errori, sommandosi senza correzione, finiranno
sempre con il portare la nave fuori rotta.
Il sistema delle coordinate sferiche (longitudine e latitudine)
fu recuperato quando, nel XV secolo, arrivò in Occidente
una copia della Geografia di Tolomeo. Altri manoscritti che
descrivevano la costruzione e l'uso di strumenti ellenistici,
quali l'astrolabio piano, permisero ai marinai di determinare
la latitudine in mare aperto mediante osservazioni astronomiche.
Tutte queste circostanze non sono state sufficienti a far
accettare l'idea che il popolo di marinai che aveva creato
la geometria (e la trigonometria) sferica, l'astronomia e
la geografia matematica, la cartografia e l'astrolabio piano
avesse saputo usarli per la navigazione.
Fino a qualche tempo fa si credeva infatti che gli "Antichi"
navigassero in vista della costa, solo perché questa
era la tecnica usata nel Medio Evo (quando si erano perdute
tutte le teorie elencate).
Eppure la letteratura lascia trapelare, da racconti fantastici,
un ricordo dei viaggi oceanici ellenistici, ad esempio nella
Storia vera di Luciano (II sec.), o nella epitome (compendio)
di Fozio (IX sec.) del romanzo Le meraviglie di là
da Thule di Antonio Diogene (I sec.); vi sono anche resoconti
di alcuni di tali viaggi, come quelli di Eudosso di Cizico,
che navigò più volte tra Egitto e India nel
II sec. a.C., non costeggiando ma seguendo una rotta diretta
dal golfo di Aden, o il viaggio di esplorazione nell'Atlantico
del Nord del greco di Marsiglia Pitea (nella prima metà
del III secolo a.C.), che lo descrisse nel suo libro Peri Okeanos
. Viaggi nell'Atlantico, verso occidente, sono riferiti
da Diodoro Siculo (fine I sec. a.C.), Plutarco (I sec.) e
altri.
Potrebbe non essere un caso che Pitea, l'esploratore dell'Atlantico
del Nord, fosse un greco di Marsiglia, cioè di una
città ricordata da Strabone come anticamente famosa
per la costruzione di strumenti utili alla navigazione. Strabone
riferisce anche che a Marsiglia e a Cizico, come a Rodi, il
segreto sulle arti meccaniche era osservato con particolare
cura; questa notizia potrebbe spiegare la mancanza di informazioni
sull'argomento.
Un'altra applicazione della tecnologia ellenistica alla navigazione
fu, come si e` detto, la riattivazione, verso il 275 a.C.,
dell'antico canale che collegava il Mediterraneo al Mar Rosso;
questo canale, detto "dei faraoni", era stato fatto
costruire intorno al 600 a.C. dal faraone Nechao II tra il
Nilo, il lago Timsah e il Mar Rosso, e poi riattato dai persiani
di Dario. In epoca imperiale non era più agibile e,
com'è noto, per recuperare la possibilità di
navigare da un mare all'altro bisognera` attendere il 1869
(v. storia del canale).
I monsoni erano stato scoperti da Ippalo di Alessandria
(II sec. a.C.).
A partire dal I sec. d.C. gli imperatori romani usarono una
flotta di 150 navi, con base nei porti del Mar Rosso, per
spedizioni estive di 3 mesi fini a Ceylon, a volte fino alla
Cina meridionale. In autunno e inverno si effettuava il viaggio
di ritorno.
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Note
Che l'astrolabio piano fosse uno strumento ellenistico noto
a Tolomeo è stato dimostrato.
Misurare la longitudine è molto più difficile
della latitudine, ma a difetto si può navigare in mare
aperto "speronando la latitudine", come dicevano
i navigatori portoghesi, portandosi cioè alla latitudine
del porto d'arrivo e navigando poi sul parallelo per giungere
a destinazione.
Il
racconto di Luciano si presenta come un divertente e grottesco
cumulo di evidenti falsità proprio perché non
si tratta di una pura opera di fantasia, ma (come chiarito
dall'autore) di una satira di resoconti di viaggi considerati
inattendibili. Possiamo quindi esser certi che alcuni elementi
del racconto fossero presenti in opere con pretese di realismo.
Sappiamo, d'altra parte, che all'epoca di Luciano non si credeva
più neppure al viaggio di Pitea.
I viaggi di Eudosso di Cizico, risalenti all'epoca di Evergete
II, erano stati narrati da Posidonio (I sec. a.C.) e sono
riferiti nella Geografia di Strabone.
L'interesse dei Tolomei per la navigazione nell'Oceano Indiano
è dimostrato dalla nomina, verso la fine del Il secolo
a.C., di un funzionario reale preposto al "Mar Rosso
e all'Oceano Indiano".
Secondo Fozio, Pitea, il protagonista del romanzo su citato,
naviga dall'Oceano scitico all'Oceano Orientale e di qui,
costeggiando il mare esterno, giunge a Thule, isola dell'Atlantico
del Nord; Pitea con questo nome intendeva probabilmente l'Islanda;
la Thule delle carte di Tolomeo è stata identificata
con le Shetland. Sappiamo da alcuni riferimenti di Strabone
nella Geografia che Pitea aveva raggiunto località
dove il giorno durava sei mesi (oltre il circolo polare) e
che conosceva l'Oceano 'congelato' (evidentemente la banchisa
polare). Strabone rimprovera Eratostene per avere usato dati
del libro di Pitea, da lui considerato un bugiardo. In epoca
moderna si è verificata invece l'attendibilità
di Pitea proprio in base ai frammenti riferiti da Strabone.
Rinascimento
e dopo
Al ritorno delle opere ellenistiche in Occidente, anche se
il 'metodo' scientifico non era compreso dagli intellettuali
rinascimentali, vi fu un diffuso interesse per alcune teorie
scientifiche e in particolare per quelle legate alla navigazione,
come la geografia matematica e l'astronomia.
Le conoscenze scientifiche daranno per secoli il primato alla
Spagna e al Portogallo, innanzitutto nella navigazione. Nel
XIV secolo gli spagnoli e i portoghesi, grazie alla geografia
matematica appresa dagli Arabi, erano ancora i soli europei
in grado di disegnare carte geografiche e nautiche attendibili
(come mostrato dalla Carta catalana del 1375). Il principe
portoghese Enrico il Navigatore (1394-1460) fu tra i primi
a sostenere anche l'uso di metodi astronomici per la navigazione
in mare aperto.
Nel 1406 Jacopo Angelo aveva tradotto in latino la Geografia
di Tolomeo , che fu infine pubblicata a stampa nel 1477. Per
apprezzare l'importanza di questa pubblicazione basta confrontare
una carta geografica precedente (escludendo quelle arabe o
iberiche, di diretta origine ellenistica) con una successiva
a questa data: ad esempio la tanto celebrata Hereford
Mappa Mundi, disegnata intorno al 1300 in Inghilterra
(in cui il mondo, privo di oceani e affollato da continenti
irriconoscibili separati da sottili linee d'acqua, è
rappresentato come un disco centrato in Gerusalemme), con
le
carte incise a Ulm nel 1492.
La riscoperta della geografia matematica rese di nuovo attuale
una vecchia idea ellenistica: quella di raggiungere le Indie
navigando verso Occidente (tentativi di circumnavigazione
della Terra sono ricordati da Strabone). Sette anni dopo la
pubblicazione della Geografia, Colombo espose il suo
progetto al Re del Portogallo e otto anni più tardi
tentò coraggiosamente l'impresa.
Il successivo importante progresso della geografia matematica
consistette nel ritrovamento, nel Cinquecento, della misura
di Eratostene del diametro della Terra.
Quella fu infatti con ogni probabilità la base della
misura del grado di meridiano adottata nel corso del XVI secolo
dai navigatori portoghesi.
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